Pressioni sul Transfer Pricing

L’articolo a cura del Dott. Paolo Tognolo pubblicato il 31 agosto 2017 su Italia Oggi e redatto durante la sua partecipazione al Congresso IFA (International Fiscal Association) che si sta tenendo a Rio de Janeiro, tratta i due argomenti principali delle prime due giornate di Congresso.

Transfer Pricing

 

La firma dell’accordo mutilaterale per l’implementazione delle azioni previste dai lavori BEPS sta creando ulteriori criticità applicative e lo scenario internazionale rischia di diventare ancora più complesso ed incerto di prima. La politica (UE in testa) ed alcuni accademici stanno poi mettendo in dubbio il principio di libera concorrenza sul quale si basano le Guidelines OCSE in tema di transfer pricing per sostituirlo con il formulary apportionment, che prevede l’utilizzo di una formula semplicistica volta ad allocare in via semi-automatica il margine di profitto dalla transazione correlata tra i paesi interessati.

Lo stato di avanzamento dei lavori BEPS (Based Erosion Profit Shifting) e il futuro del Transfer Pricing sono stati i due argomenti principali oggetto di discussione durante le prime due giornate del 71° congresso organizzato a Rio da parte dell’International Fiscal Association (IFA).

I lavori BEPS erano stati promossi nel 2012 dal G20 al fine di aggiornare le regole fiscali esistenti per contrastare il fenomeno di mancata tassazione dei profitti verificatosi in capo ai gruppi multinazionali operanti nel settore digitale. Nell’ottobre 2015 l’OCSE aveva individuato i 15 piani di azione (Action Plan) da implementare volti a garantire una coerenza di approccio su alcune transazioni, la prevalenza della sostanza del comportamento sulla forma e la trasparenza con le amministrazioni fiscali interessate. Oltre 71 paesi hanno sottoscritto l’accordo multilaterale per la modifica contestuale dei trattati bilaterali contro le doppie imposizioni in ossequio ai piani di azione BEPS ma, purtroppo, la maggior di essi si sono riservati il diritto di implementare i trattati con alcune eccezioni che, allo stato dell’arte, rendono ancora più complessa l’analisi delle modalità grazie alle quali sarà possibile evitare i fenomeni di doppia imposizione nell’ambito di alcune transazioni internazionali. Se questa situazione non sarà oggetto di ulteriore armonizzazione da parte dei singoli paesi, vi è la concreta possibilità di un incremento degli accertamenti fiscali a livello internazionale e del ricorso a procedure amichevoli (Mutual Agreement Procedurs) per evitare il fenomeno della doppia imposizione. Con riferimento alle attività commerciali digitali, invece, i lavori non sono ancora finiti: c’è particolare attenzione per riuscire a tassare il profitto nel paese in cui è stato creato valore e urge un consenso generale da parte di tutti i paesi al fine di evitare prese di posizione unilaterali da parte delle singole giurisdizioni.

I lavori BEPS hanno influenzato anche la disciplina del transfer pricing richiedendo una analisi più dettagliata delle transazioni, privilegiando la sostanza sulla forma (substance over the form approach) sia con riferimento alle funzioni svolte che ai rischi assunti dalle parti coinvolte. Si tratta di capire chi prende le decisioni chiave nello svolgimento dell’attività commerciale, chi è in grado di gestire il rischio imprenditoriale e ha la capacità finanziaria di sostenere le avverse conseguenze in caso di suo realizzo e chi contribuisce alla nascita, allo sviluppo e alla protezione dei beni immateriali. Il tutto può essere riassunto nella seguente frase: il margine di profitto deve emergere là dove il valore è stato creato, in accordo con il principio di libera concorrenza. Stante la difficoltà di questa analisi, sia l’unione europea (con il progetto CCCTB – Common Consolidated Corporate Tax Base) sia alcuni accademici si stanno erroneamente convincendo che adottare una formula di allocazione del margine di profitto (cd Formulary Apportionment), basata sull’ammontare dei beni materiali sui costi del lavoro e sulle vendite, possa risolvere il problema dei prezzi di trasferimento. Pur ipotizzando un consenso unanime da parte di tutti i paesi coinvolti sulla formula da adottare, questo nuovo e semplicistico approccio eliminerebbe teoricamente il problema solo all’interno dell’Unione Europea ma rimarrebbe irrisolto nell’ambito delle transazioni svolte con parti correlate extra-UE. In aggiunta, la determinazione della remunerazione a valore normale dei beni immateriali sarebbe definita prioritariamente e non in via residuale come previsto per il regime del patent box.